martedì 26 marzo 2019

Agevolazioni fiscali prima casa e locazione, un connubio possibile?



Il contribuente può accedere alle agevolazioni per la prima casa anche nel caso sia titolare, nel medesimo Comune, di altra abitazione data in locazione. A dirlo la Corte di cassazione con la sentenza n. 19989/2018.
Il contribuente può accedere alle agevolazioni per la prima casa anche nel caso sia titolare, nel medesimo Comune, di altra abitazione data in locazione, in quanto quest’ultima, proprio per il fatto di essere locata non può essere idonea oggettivamente ad essere utilizzata come abitazione principale. A dirlo la Corte di cassazione con la sentenza n. 19989/2018.
C’è però una condizione da rispettare: il contratto di locazione deve essere regolarmente registrato e non preordinato a creare lo stato di indisponibilità, al solo fine di accedere all’agevolazione sull’acquisto della nuova, e aggiuntiva, abitazione.
Si ricorda che le agevolazioni prima casa – Iva al 4% o imposta di registro al 2% – è possibile nel caso in cui il fabbricato abitativo abbia una classificazione catastale non di lusso, si trovi nel Comune di residenza o di lavoro e il contribuente possieda una determinata situazione patrimoniale (non deve essere titolare neppure per quote o in comunione legale con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa acquistata con l’agevolazione prima casa; non deve essere titolare degli stessi diritti in riferimento ad altra casa di abitazione nel Comune in cui è sito l’immobile da acquistare).
La giurisprudenza è poi intervenuta nel caso dell’inidoneità dell’immobile. Inidoneità che deve risultare da elementi oggettivi, come ad esempio la dichiarata inagibilità dell’immobile già posseduto.
Articolo visto su
Agevolazione prima casa e abitazione locata (La stampa)

martedì 5 marzo 2019

Cedolare secca per affitti commerciali



A partire dal 1º gennaio 2019 è entrata in vigore la cedolare secca sui negozi e capannoniMa per i proprietari ci sono diversi vincoli per l'applicazione della flat tax. Vediamo quali sono i sette requisiti da considerare per la cedolare secca sugli affitti commerciali 2019.

Cedolare secca limiti di applicazione

La legge di bilancio 2019 ha approvato l'estensione della cedolare secca anche agli affitti commerciali. Ma ci sono dei limiti da considerare e che rendono perlomeno dubbia l'efficacia di questa norma tanto da spingere spinto varie associazione di proprietari, tra cui Confedilizia, a chiedere una revisione della norma. Vediamo quali

1) Cedolare secca sugli affitti commerciali anche per le società?

Mentre per quanto riguarda le locazioni abitative l'Agenzia delle Entrare ha escluso gli inquilini-società, la norma che istituisce la flat tax per gli affitti commerciali non contiene questo limite

2) Canone a scaletta per gli affitti commerciali

E' esclusa la possibilità, in maniera analoga agli affitti abitativi, di chiedere l'aggiornamento del canone di locazione. Ma questo vincolo non vale per i cosiddetti "canoni a scaletta" che dovrebbero essere compatibili con la cedolare.

3) Cedolare secca affitti commerciali, esclusione dei vecchi contratti

Esclusi dall'applicazione della cedolare secca i contratti stipulati a fine 2018 nache se con decorrenza a partire dal 1º gennaio 2019. Compresi i contratti stipulati nel 2019, con decorrenza dal 2020.

4) Cedolare secca negozi e capannoni, limite superficie

La cedolare secca per i negozi e i capannoni è applicabile solo a spazi con una superficie non superiore a 600 metri quadrati. Anche se non viene specificato a quale superficie ci si riferisca, probabilmente si tratta della superficie calpestabile.

5) Recessi anticipati esclusi dalla cedolare secca affitti commerciali 

Esclusi dalla cedolare secca per gli affitti commerciali i contratti già in corso al 15 ottobre e interrotti in anticipo rispetto alla naturale scadenza. Si tratta delle risoluzioni e dei recessi anticipati.

6) Contratti cedolare secca per diversi soggetti

Esclusi dalla cedolare secca i contratti in essere alla data del 15 ottobre tra gli stessi soggetti e per lo stesso immobile se interrotti in anticipo sulla sua scadenza naturale. Se cambiano i soggetti giuridici, la cedolare secca dovrebbe essere possibile.

7) Cedolare secca affitti commerciali per le pertinenze

Sembra che ad essere ammesse siano anche le pertinenze dei negozi e che la superficie non debba essere considerata per il raggiungimento della soglia di 600 m2. La norma non dice nulla sul numero né sulla categoria catastale delle suddette pertinenze.

lunedì 4 marzo 2019

Pignoramento immobiliare , cosa fare per difendersi dalla banca



Nel caso in cui una famiglia si trovi in difficoltà con il pagamento del mutuo e corra il rischio di vedere pignorata la propria casa, ha in mano alcuni strumenti per difendersi dall'azione esecutiva della banca. Vediamo come funziona il procedimento di pignoramento e quali sono i diritti/doveri in capo al mutuatario.

Sospensione del pagamento delle rate di mutuo

Nel caso in cui il mutuatario si trovi in difficoltà con il pagamento di un finanziamento acceso con ipoteca sulla propria casa, il primo passo da fare è sicuramente chiedere una sospensione del pagamento delle rate del muto.
Si tratta di una moratoria del pagamento delle rate per una durata non superiore a 12 mesi. In pratica, il mutuatario può “congelare” temporaneamente la corresponsione delle rate, allorché dimostri di versare in difficoltà economiche.
In particolare, è applicabile allorché il debitore abbia perso il posto di lavoro; in caso di morte; nell'ipotesi di handicap grave che comporti una situazione di non autosufficienza.
Al fine di ottenere la sospensione è necessario presentare un'istanza in tal senso alla propria banca. In caso di accoglimento, si verifica una proroga del contratto di mutuo e delle garanzie ad esso connesse per un periodo pari alla sospensione.
Nell'ipotesi in cui non si possa accedere alla moratoria di cui sopra, un'altra possibilità per il mutuatario consiste nel chiedere la rinegoziazione.

Sospensione rate mutuo proroga

È importante ricordare, inoltre, che grazie a un accordo tra Tesoro e Ministero dello sviluppo economico, nel decreto milleproroghe è stata prorogata la convenzione che consente, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, di mantenere in essere le misure di sospensione dei pagamenti delle rate del mutuo, in caso di difficoltà, per quanto riguarda la quota capitale (ma non della quota interessi, che continuerà così a maturare anche in ragione della maggiore durata del periodo di ammortamento) per gli anni dal 2018 al 2020.

Risoluzione contratto mutuo per inadempimento

Se la sospensione non è sufficiente, l'articolo 40 T. U. dispone la risoluzione del contratto in caso di ritardo del pagamento per almeno sette volte.  In questi casi, si verifica l'incaglio bancario e dopo alcuni mesi, qualora la situazione non sia migliorata, la banca comunica al debitore l'estinzione del mutuo con giro a sofferenza.
A questo punto, l'istituto di credito segnala alla Centrale Rischi della Banca d'Italia la situazione di grave crisi economica del cliente, in quanto insolvente.
La conseguenza della segnalazione consiste nel fatto che tutte le banche saranno edotte della crisi del soggetto segnalato e non gli erogheranno credito.

Atto di precetto mutuo ipotecario

Il mancato pagamento delle rate, qualora integri un grave inadempimento comporta la risoluzione del contratto di mutuo. Il creditore, nel caso in esame, possiede già il titolo esecutivo (art. 474 n. 2 c.p.c.), rappresentato dal mutuo. Pertanto, gli sarà sufficiente notificare al debitore il solo atto di precetto, senza necessità della trascrizione integrale del titolo (art. 41 T.U. bancario).
Il precetto consiste nell'intimazione ad adempiere l'obbligazione risultante dal contratto di mutuo (ossia l'intimazione a corrispondere le rate arretrate del mutuo) entro dieci giorni, decorsi i quali si agirà esecutivamente. Dal 2015 l'atto di precetto deve contenere l'avvertimento che il debitore può porre rimedio alla situazione di indebitamento ricorrendo ad un organismo di composizione della crisi.legge

Accordo di composizione della crisi

Il piano del consumatore e l'accordo di composizione della crisi sono stati introdotti dalla cosiddetta legge “salva suicidi” . Si tratta di due procedimenti a cui può ricorrere il debitore che si trovi in grave difficoltà.
In buona sostanza, è necessario che la situazione da sovraindebitamento, consistente nello squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile (presupposto oggettivo), non sia assoggettabile alle procedure concorsuali (presupposto soggettivo), inoltre devono essere rispettati i presupposti di ammissibilità
Il piano del consumatore è attuabile dal debitore che ricopra tale qualità; ossia da colui il quale abbia assunto obbligazioni per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale (art. 6 c. 2 lett. b, legge 3/2012).
In caso contrario, si deve proporre un accordo di composizione della crisi (e non un piano del consumatore).
In ambedue le ipotesi, fatte salve alcune significative differenze – su cui non ci si può soffermare per ragioni di brevità espositiva – vengono proposti degli accordi di ristrutturazione dei debiti, che comprendono anche gli eventuali mutui. In particolare, i crediti assistiti da ipoteca (come il mutuo) posso rientrare nel piano.
Inoltre, è possibile non soddisfare integralmente i suddetti crediti, ma ad una sola condizione: deve essere garantito il pagamento in misura non inferiore a quello realizzabile in relazione al valore di mercato attribuibile ai beni (art. 7 c. 1 legge 3/2012).La proposizione del piano del consumatore o dell'accordo di composizione della crisi può comportare la sospensione delle procedure esecutive pendenti qualora la loro prosecuzione comprometta la fattibilità del piano (art. 12 bis c. 2 legge 3/2012).
In altre parole, la proposta di accordo può determinare la momentanea sospensione del procedimento esecutivo.

Accordo transattivo

Nel caso in cui non siano percorribili le strade indicate, è buona regola cercare un accordo transattivo con il creditore. Trattandosi di istituti di credito, occorre agire tempestivamente, in quanto le banche spesso hanno tempistiche piuttosto lunghe per valutare se accettare o rigettare le proposte avanzate.

Cos'è l'istanza di conversione del pignoramento

La legge consente al debitore esecutato di proporre l'istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione.
In buona sostanza, il debitore può sostituire al bene pignorato una somma di denaro corrispondente all'importo dovuto maggiorato dalle spese di esecuzione e dagli interessi. Al momento di proposizione dell'istanza deve essere deposito 1/5 della somma suindicata.
Il giudice può disporre una rateizzazione per il residuo entro il termine massimo di 18 mesi. Il termine ultimo per richiedere la conversione del pignoramento è l'udienza in cui viene emessa l'ordinanza di vendita.

Istanza di vendita pignoramento immobiliare

Se non si raggiunge un accordo transattivo o non è possibile convertire il pignoramento o non vi sono i requisiti per accedere al meccanismo di composizione della crisi da sovraindebitamento, la procedura esecutiva prosegue il proprio corso.
Dopo la notifica del pignoramento, il creditore provvederà all'iscrizione a ruolo ed al deposito della documentazione necessaria. Più l'iter prosegue più aumentano le spese che verranno poste a carico del debitore.
Ad esempio, raggiungere un accordo prima della nomina e del giuramento del perito comporta un risparmio significativo, atteso che il compenso di quest'ultimo può giungere sino al 3% del valore dell'immobile pignorato.
Lo stesso dicasi per le spese di pubblicità che aumentano per ogni udienza di vendita fissata.
Senza contare gli onorari dei legali e la remunerazione del custode (qualora il debitore non sia stato autorizzato a continuare a vivere nell'abitazione).
La procedura può essere “fermata” solo sino a 20 giorni prima della vendita: dopo l'immobile verrà venduto.

mercoledì 27 febbraio 2019

Debiti condominiali,i rischi per l'acquirente





Cosa rischia l’acquirente di un immobile se chi vende ha dei debiti condominiali? Andiamo a scoprirlo.
Innanzitutto, acquistando casa da un condomino moroso si diventa corresponsabili di tutti gli oneri condominiali non versati nell’anno in corso e in quello precedente. Chi vende resta obbligato solidalmente con l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del rogito notarile.
Per stabilire da quando sorge l’obbligazione da parte del condomino verso il condominio nel versamento dei contributi condominiali, secondo la Cassazione e una recente sentenza del tribunale di Roma bisogna fare distinzione tra i contributi dovuti per la manutenzione ordinaria e quelli per la manutenzione straordinaria.
Per quanto riguarda le spese ordinarie, si tratta di quelle spese che vengono sostenute dall’amministratore senza bisogno di una previa autorizzazione dell’assemblea. In questo caso l’obbligazione sorge alla fine di ogni mese, quando l’amministratore ha diritto alla riscossione delle relative quote.
In tali ipotesi, l’acquirente è responsabile in solido con il venditore per le somme da quest’ultimo dovute per all’anno in corso sia a quello precedente al rogito. E in caso di morosità l’amministratore deve agire nei confronti dell’acquirente, essendo l’unico vero condomino. L’acquirente ha poi il diritto di chiamare in causa il venditore e rivalersi nei suoi confronti.
In relazione alle somme più datate rispetto all’anno in corso e all’anno precedente, il debito è di chi era condomino in quel periodo e non dell’attuale proprietario. In questo caso, dunque, l’amministratore deve agire contro il venditore. Se l’amministratore notifica il decreto ingiuntivo contro l’attuale condomino per recuperare vecchie somme richieste al condominio, questi può rivalersi contro il venditore.
Per tutte le quote condominiali scadute dopo il rogito, unico obbligato è l’acquirente.
Per quanto riguarda le spese straordinarie, l’obbligo viene individuato nel momento dell’approvazione della delibera dell’assemblea che ha approvato l’esborso. L’obbligo verso il condominio è di chi che era proprietario al momento in cui l’assemblea ha dato il via libera ai lavori, autorizzando l’amministratore a firmare il contratto di appalto o a procedere con l’assegnazione del mandato alla ditta edile.
Per evitare di incorrere in cattive sorprese, prima di firmare il preliminare, l’acquirente può esigere dal venditore l’esibizione di un certificato, rilasciatogli dall’amministratore, in cui si dà ampia quietanza sul pagamento di tutti gli oneri di condominio passati. E per star certo che non vi siano spese straordinarie deliberate o in corso di deliberazione, l’acquirente potrà farsi rilasciare copia delle delibere assembleari degli ultimi due anni o far certificare dall’amministratore l’assenza di lavori di manutenzione in via di approvazione.
Novità sul fronte dei pignoramenti immobiliari. La legge 12/2019 riscrive infatti l’articolo 560 del Codice di procedura civile. Ecco cosa cambia.
Il comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 135/2018 era intervenuto sull’articolo 560 del Codice di procedura civile aggiungendo in fine al comma 3 alcuni periodi. La legge di conversione ha invece disposto la sostituzione dell’articolo 560 con un nuovo testo.
Con il nuovo articolo 560 del Codice di procedura civile è venuta meno la tutela differenziata che il decreto legge accordava al debitore esecutato che fosse a sua volta creditore della pubblica amministrazione.
Secondo quanto stabilito, se l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, l’ordine di liberazione può essere senz’altro emesso; se invece l’immobile è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, come regola generale il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento. Ma si può arrivare ad anticipare l’ordine di liberazione per lui e il suo nucleo familiare “qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico”.
La vendita forzata dell’immobile pignorato, dunque, non viene evitata nemmeno se l’immobile è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. Ne viene solo ritardato il rilascio fino alla pronuncia del decreto fi trasferimento.
Nella precedente versione, l’articolo 560 prevedeva che il giudice dell’esecuzione disponesse la liberazione dell’immobile pignorato quando non ritenesse di autorizzare il debitore ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, o quando revocasse l’autorizzazione, se concessa in precedenza, o quando provvedeva all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile. Ciò significa che già prima della modifica introdotta in sede di conversione il giudice dell’esecuzione poteva esercitare il potere di disporre la liberazione graduando la sua scelta discrezionale.
Con la totale riscrittura dell’articolo 560, è stata eliminata la disciplina già dettata relativamente al provvedimento di liberazione, alla sua impugnazione, alla sua attuazione, nonché quella relativa alla sorte dei beni mobili o dei documenti che si trovassero nell’immobile pignorato.
Il nuovo articolo 560 del Codice di procedura civile recita (“Modo della custodia”): “Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593. Il custode nominato ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e ne tutelino l’integrità. Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma. Il debitore deve consentire, in accordo con il custode, che l’immobile sia visitato da potenziali acquirenti. Le modalità del diritto di visita sono contemplate e stabilite nell’ordinanza di cui all’articolo 569. Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato per lui e il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o quando l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione. Fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’articolo 586”.
Articolo visto su
L’immobile pignorato si vende anche se abitato dal debitore (Il sole 24 ore)


Novità sul fronte dei pignoramenti immobiliari. La legge 12/2019 riscrive infatti l’articolo 560 del Codice di procedura civile. Ecco cosa cambia.
Il comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 135/2018 era intervenuto sull’articolo 560 del Codice di procedura civile aggiungendo in fine al comma 3 alcuni periodi. La legge di conversione ha invece disposto la sostituzione dell’articolo 560 con un nuovo testo.
Con il nuovo articolo 560 del Codice di procedura civile è venuta meno la tutela differenziata che il decreto legge accordava al debitore esecutato che fosse a sua volta creditore della pubblica amministrazione.
Secondo quanto stabilito, se l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, l’ordine di liberazione può essere senz’altro emesso; se invece l’immobile è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, come regola generale il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento. Ma si può arrivare ad anticipare l’ordine di liberazione per lui e il suo nucleo familiare “qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico”.
La vendita forzata dell’immobile pignorato, dunque, non viene evitata nemmeno se l’immobile è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. Ne viene solo ritardato il rilascio fino alla pronuncia del decreto fi trasferimento.
Nella precedente versione, l’articolo 560 prevedeva che il giudice dell’esecuzione disponesse la liberazione dell’immobile pignorato quando non ritenesse di autorizzare il debitore ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, o quando revocasse l’autorizzazione, se concessa in precedenza, o quando provvedeva all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile. Ciò significa che già prima della modifica introdotta in sede di conversione il giudice dell’esecuzione poteva esercitare il potere di disporre la liberazione graduando la sua scelta discrezionale.
Con la totale riscrittura dell’articolo 560, è stata eliminata la disciplina già dettata relativamente al provvedimento di liberazione, alla sua impugnazione, alla sua attuazione, nonché quella relativa alla sorte dei beni mobili o dei documenti che si trovassero nell’immobile pignorato.
Il nuovo articolo 560 del Codice di procedura civile recita (“Modo della custodia”): “Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593. Il custode nominato ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e ne tutelino l’integrità. Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma. Il debitore deve consentire, in accordo con il custode, che l’immobile sia visitato da potenziali acquirenti. Le modalità del diritto di visita sono contemplate e stabilite nell’ordinanza di cui all’articolo 569. Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato per lui e il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o quando l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione. Fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’articolo 586”.
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L’immobile pignorato si vende anche se abitato dal debitore (Il sole 24 ore)

giovedì 21 febbraio 2019

Affitto : diritti e doveri del conduttore



Quando si parla di affitto entrano in gioco due figure: il locatore e il conduttore. Ma quali sono diritti e doveri di quest’ultimo? Andiamo a scoprirlo.

Diritti del conduttore

Innanzitutto, al conduttore spetta il diritto di ottenere in consegna un immobile in buono stato di manutenzione, ossia privo di vizi tali da ridurre in modo apprezzabile l’uso convenuto (articolo 1578 del Codice Civile).
Al conduttore spetta poi il diritto di abitare in un immobile della cui manutenzione si occupi il locatore in modo costante e in maniera da renderlo idoneo all’uso convenuto. A tal proposito, si ricorda che ci sono due tipologie di manutenzione: ordinaria e straordinaria. Alla prima deve provvedere il conduttore, alla seconda il locatore.
Il conduttore ha poi il diritto di godere pacificamente dell’immobile per la durata del contratto di locazione e il diritto di ottenere la documentazione degli impianti, quindi la certificazione di sicurezza degli stessi e l’attestato di certificazione energetica.
Ma non solo. Il conduttore ha il diritto di ottenere dal locatore le ricevute di pagamento dei canoni e il locatore deve consentirgli la verifica delle pezze giustificative delle spese da lui sostenute per l’immobile locato. Hai poi il diritto di essere convocato alle assemblee condominiali che hanno all’ordine del giorno i servizi comuni e a quelle in cui ha diritto al voto in quanto attengono a decisioni sulla gestione delle spese di riscaldamento e condizionamento.
Il conduttore ha inoltre il diritto di effettuare delle migliorie all’immobile a proprie spese, purché non creino danno, non venga alterata la destinazione d’uso o il decoro del bene e siano rimovibili alla scadenza del contratto.
Il conduttore ha poi diritto a che il locatore non effettui delle innovazioni che limitino la sua possibilità di godimento dell’immobile e a ottenere una riduzione del canone di locazione se, in caso di riparazioni dell’appartamento, queste si prolunghino per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, oltre i venti giorni.
Il conduttore ha il diritto di terminare il rapporto di locazione anche se il locatore fosse dichiarato fallito e la casa venisse messa all’asta oppure nel caso in cui il proprietario dovesse morire e il bene immobile venisse ereditato da altri; stesso discorso nell’ipotesi in cui la casa venisse venduta. Il conduttore ha infine il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del conduttore o di separazione/divorzio.

Doveri del conduttore

Il conduttore ha il dovere di prendere in consegna la casa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso stabilito nel contratto, di pagare il canone di locazione nella misura e nei tempi concordati con il locatore, di tollerare le privazioni del godimento di parte del bene nel caso in cui l’immobile locato avesse bisogno di riparazioni che non possono essere rinviate al termine del contratto.
Il conduttore ha poi il dovere di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione, di restituire il bene nelle medesime condizioni in cui gli è stato consegnato, fatto salvo il deterioramento derivante dall’uso del bene conforme a quello pattuito, di rispondere della perdita e/o del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile.
Il conduttore ha infine il dovere di sostenere il pagamento di ulteriori spese oltre a quelle del canone di locazione quali: spese di consumo, pulizie per luce e pulizie scale condominiali ed eventuali spese all’interno dell’immobile per migliorie.

lunedì 18 febbraio 2019

Casa in costruzione, cosa cambia




Con il decreto n. 14/2019, segnala Confedilizia in una nota, arrivano alcune novità di interesse per il settore immobiliare, in tema di contratti preliminari e di tutela degli acquirenti di immobili da costruire. Tema di cui ci siamo occupati alcuni giorni fa con l’aiuto del Consiglio del Notariato.
In particolare, le tutele per chi acquista dal costruttore sono stabilite dal Testo unico del settore rappresentato dal  decreto legislativo 122/2005. Il Consiglio del Notariato ha redatto una guida in proposito, disponibile qui. In essa si elencano le fondamentali tutele per chi tenta questa tipologia di acquisto.
“Gli elementi distintivi del Testo unico sono due, - elenca Giampaolo Marcoz, consigliere nazionale del Notariato:
La tutela dell’acquirente per quanto riguarda le somme versate nelle varie fasi dalle fondamenta alle chiavi in mano. Tale tutela obbliga il costruttore a dare una fideiussione rilasciata da una banca o un’assicurazione per un importo pari a tutte le somme versate dall’acquirente. In questo modo almeno l’acquirente in caso di fallimento recupererebbe i suoi soldi, pur restando senza casa.
La cosiddetta postuma decennale, ovvero la norma prevede che al momento del rogito il costruttore rilasci una garanzia contro i danni emersi nei dieci anni successivi, dovuti a difetti di costruzione che richiedono poi interventi da parte dell’acquirente”.
Come ottenere queste tutele? “Senz’altro facendo il preliminare dal notaio, che necessariamente implica l’attivarsi delle tutele di cui al dlgs 122/2005, - risponde il Consigliere nazionale del Notariato. - Il problema è che queste garanzie hanno costi importanti per il costruttore, perché gli si chiede un vincolo delle somme incassate. Ecco perché i preliminari spesso non vengono fatti dal notaio, ma per scrittura privata. In questo modo però si lascia scoperto l’acquirente e lo si espone al rischio di perdere le somme versate e la casa. Il consiglio è quello di ricorrere sempre al notaio, ma soprattutto in caso di acquisto da ditta costruttrice, proprio per non ritrovarsi senza tutele”.

Contratto preliminare di compravendita casa in costruzione

Quali le novità del provvedimento introdotto con il decreto 14/2019? In particolare, il esso chiarisce, anzitutto, gli attuali dubbi sullo scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale. In questo caso si prevede, infatti, che il curatore possa sciogliersi dal preliminare anche quando il futuro acquirente abbia proposto e trascritto, prima della liquidazione giudiziale, una domanda di esecuzione in forma specifica (con lo scopo di provocare una pronuncia che produca gli stessi effetti del contratto non concluso). Tale scioglimento, tuttavia, non è opponibile all’acquirente nel caso in cui la domanda in questione venga poi accolta.
Una seconda novità riguarda l’ipotesi del subingresso del curatore nel contratto preliminare: si prevede che gli acconti eventualmente versati prima della liquidazione giudiziale possano essere considerati opponibili alla massa solo nella “misura pari alla metà dell’importo che il promissario acquirente dimostra di aver versato”.
Quanto alle novità recate alla disciplina degli immobili da costruire, il provvedimento modifica il decreto legislativo n. 122 del 2005, allo scopo di rafforzare le tutele finora previste in favore degli acquirenti di tale genere di immobili. In questa prospettiva viene, infatti, stabilito che la mancata consegna della polizza decennale postuma (e non più solo, quindi, il verificarsi di una situazione di crisi del venditore) sia motivo di escussione della fideiussione prestata dal costruttore a garanzia delle somme riscosse, nonché di nullità del contratto (“che può essere fatta valere solo dall’acquirente”).
Inoltre, si dispone che, con successivi decreti ministeriali, vengano definiti i modelli standard di fideiussione e della polizza di assicurazione e che degli estremi della polizza assicurativa, così come della sua conformità ai requisiti standard, venga fatta menzione nell’atto di trasferimento dell’immobile.
Infine, si prevede che il contratto preliminare e ogni altro contratto comunque diretto al successivo acquisto della proprietà o di altro diritto reale sugli immobili oggetto del d.lgs. n. 122/2005 siano “stipulati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata”.