martedì 26 marzo 2019

Agevolazioni fiscali prima casa e locazione, un connubio possibile?



Il contribuente può accedere alle agevolazioni per la prima casa anche nel caso sia titolare, nel medesimo Comune, di altra abitazione data in locazione. A dirlo la Corte di cassazione con la sentenza n. 19989/2018.
Il contribuente può accedere alle agevolazioni per la prima casa anche nel caso sia titolare, nel medesimo Comune, di altra abitazione data in locazione, in quanto quest’ultima, proprio per il fatto di essere locata non può essere idonea oggettivamente ad essere utilizzata come abitazione principale. A dirlo la Corte di cassazione con la sentenza n. 19989/2018.
C’è però una condizione da rispettare: il contratto di locazione deve essere regolarmente registrato e non preordinato a creare lo stato di indisponibilità, al solo fine di accedere all’agevolazione sull’acquisto della nuova, e aggiuntiva, abitazione.
Si ricorda che le agevolazioni prima casa – Iva al 4% o imposta di registro al 2% – è possibile nel caso in cui il fabbricato abitativo abbia una classificazione catastale non di lusso, si trovi nel Comune di residenza o di lavoro e il contribuente possieda una determinata situazione patrimoniale (non deve essere titolare neppure per quote o in comunione legale con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa acquistata con l’agevolazione prima casa; non deve essere titolare degli stessi diritti in riferimento ad altra casa di abitazione nel Comune in cui è sito l’immobile da acquistare).
La giurisprudenza è poi intervenuta nel caso dell’inidoneità dell’immobile. Inidoneità che deve risultare da elementi oggettivi, come ad esempio la dichiarata inagibilità dell’immobile già posseduto.
Articolo visto su
Agevolazione prima casa e abitazione locata (La stampa)

martedì 5 marzo 2019

Cedolare secca per affitti commerciali



A partire dal 1º gennaio 2019 è entrata in vigore la cedolare secca sui negozi e capannoniMa per i proprietari ci sono diversi vincoli per l'applicazione della flat tax. Vediamo quali sono i sette requisiti da considerare per la cedolare secca sugli affitti commerciali 2019.

Cedolare secca limiti di applicazione

La legge di bilancio 2019 ha approvato l'estensione della cedolare secca anche agli affitti commerciali. Ma ci sono dei limiti da considerare e che rendono perlomeno dubbia l'efficacia di questa norma tanto da spingere spinto varie associazione di proprietari, tra cui Confedilizia, a chiedere una revisione della norma. Vediamo quali

1) Cedolare secca sugli affitti commerciali anche per le società?

Mentre per quanto riguarda le locazioni abitative l'Agenzia delle Entrare ha escluso gli inquilini-società, la norma che istituisce la flat tax per gli affitti commerciali non contiene questo limite

2) Canone a scaletta per gli affitti commerciali

E' esclusa la possibilità, in maniera analoga agli affitti abitativi, di chiedere l'aggiornamento del canone di locazione. Ma questo vincolo non vale per i cosiddetti "canoni a scaletta" che dovrebbero essere compatibili con la cedolare.

3) Cedolare secca affitti commerciali, esclusione dei vecchi contratti

Esclusi dall'applicazione della cedolare secca i contratti stipulati a fine 2018 nache se con decorrenza a partire dal 1º gennaio 2019. Compresi i contratti stipulati nel 2019, con decorrenza dal 2020.

4) Cedolare secca negozi e capannoni, limite superficie

La cedolare secca per i negozi e i capannoni è applicabile solo a spazi con una superficie non superiore a 600 metri quadrati. Anche se non viene specificato a quale superficie ci si riferisca, probabilmente si tratta della superficie calpestabile.

5) Recessi anticipati esclusi dalla cedolare secca affitti commerciali 

Esclusi dalla cedolare secca per gli affitti commerciali i contratti già in corso al 15 ottobre e interrotti in anticipo rispetto alla naturale scadenza. Si tratta delle risoluzioni e dei recessi anticipati.

6) Contratti cedolare secca per diversi soggetti

Esclusi dalla cedolare secca i contratti in essere alla data del 15 ottobre tra gli stessi soggetti e per lo stesso immobile se interrotti in anticipo sulla sua scadenza naturale. Se cambiano i soggetti giuridici, la cedolare secca dovrebbe essere possibile.

7) Cedolare secca affitti commerciali per le pertinenze

Sembra che ad essere ammesse siano anche le pertinenze dei negozi e che la superficie non debba essere considerata per il raggiungimento della soglia di 600 m2. La norma non dice nulla sul numero né sulla categoria catastale delle suddette pertinenze.

lunedì 4 marzo 2019

Pignoramento immobiliare , cosa fare per difendersi dalla banca



Nel caso in cui una famiglia si trovi in difficoltà con il pagamento del mutuo e corra il rischio di vedere pignorata la propria casa, ha in mano alcuni strumenti per difendersi dall'azione esecutiva della banca. Vediamo come funziona il procedimento di pignoramento e quali sono i diritti/doveri in capo al mutuatario.

Sospensione del pagamento delle rate di mutuo

Nel caso in cui il mutuatario si trovi in difficoltà con il pagamento di un finanziamento acceso con ipoteca sulla propria casa, il primo passo da fare è sicuramente chiedere una sospensione del pagamento delle rate del muto.
Si tratta di una moratoria del pagamento delle rate per una durata non superiore a 12 mesi. In pratica, il mutuatario può “congelare” temporaneamente la corresponsione delle rate, allorché dimostri di versare in difficoltà economiche.
In particolare, è applicabile allorché il debitore abbia perso il posto di lavoro; in caso di morte; nell'ipotesi di handicap grave che comporti una situazione di non autosufficienza.
Al fine di ottenere la sospensione è necessario presentare un'istanza in tal senso alla propria banca. In caso di accoglimento, si verifica una proroga del contratto di mutuo e delle garanzie ad esso connesse per un periodo pari alla sospensione.
Nell'ipotesi in cui non si possa accedere alla moratoria di cui sopra, un'altra possibilità per il mutuatario consiste nel chiedere la rinegoziazione.

Sospensione rate mutuo proroga

È importante ricordare, inoltre, che grazie a un accordo tra Tesoro e Ministero dello sviluppo economico, nel decreto milleproroghe è stata prorogata la convenzione che consente, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, di mantenere in essere le misure di sospensione dei pagamenti delle rate del mutuo, in caso di difficoltà, per quanto riguarda la quota capitale (ma non della quota interessi, che continuerà così a maturare anche in ragione della maggiore durata del periodo di ammortamento) per gli anni dal 2018 al 2020.

Risoluzione contratto mutuo per inadempimento

Se la sospensione non è sufficiente, l'articolo 40 T. U. dispone la risoluzione del contratto in caso di ritardo del pagamento per almeno sette volte.  In questi casi, si verifica l'incaglio bancario e dopo alcuni mesi, qualora la situazione non sia migliorata, la banca comunica al debitore l'estinzione del mutuo con giro a sofferenza.
A questo punto, l'istituto di credito segnala alla Centrale Rischi della Banca d'Italia la situazione di grave crisi economica del cliente, in quanto insolvente.
La conseguenza della segnalazione consiste nel fatto che tutte le banche saranno edotte della crisi del soggetto segnalato e non gli erogheranno credito.

Atto di precetto mutuo ipotecario

Il mancato pagamento delle rate, qualora integri un grave inadempimento comporta la risoluzione del contratto di mutuo. Il creditore, nel caso in esame, possiede già il titolo esecutivo (art. 474 n. 2 c.p.c.), rappresentato dal mutuo. Pertanto, gli sarà sufficiente notificare al debitore il solo atto di precetto, senza necessità della trascrizione integrale del titolo (art. 41 T.U. bancario).
Il precetto consiste nell'intimazione ad adempiere l'obbligazione risultante dal contratto di mutuo (ossia l'intimazione a corrispondere le rate arretrate del mutuo) entro dieci giorni, decorsi i quali si agirà esecutivamente. Dal 2015 l'atto di precetto deve contenere l'avvertimento che il debitore può porre rimedio alla situazione di indebitamento ricorrendo ad un organismo di composizione della crisi.legge

Accordo di composizione della crisi

Il piano del consumatore e l'accordo di composizione della crisi sono stati introdotti dalla cosiddetta legge “salva suicidi” . Si tratta di due procedimenti a cui può ricorrere il debitore che si trovi in grave difficoltà.
In buona sostanza, è necessario che la situazione da sovraindebitamento, consistente nello squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile (presupposto oggettivo), non sia assoggettabile alle procedure concorsuali (presupposto soggettivo), inoltre devono essere rispettati i presupposti di ammissibilità
Il piano del consumatore è attuabile dal debitore che ricopra tale qualità; ossia da colui il quale abbia assunto obbligazioni per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale (art. 6 c. 2 lett. b, legge 3/2012).
In caso contrario, si deve proporre un accordo di composizione della crisi (e non un piano del consumatore).
In ambedue le ipotesi, fatte salve alcune significative differenze – su cui non ci si può soffermare per ragioni di brevità espositiva – vengono proposti degli accordi di ristrutturazione dei debiti, che comprendono anche gli eventuali mutui. In particolare, i crediti assistiti da ipoteca (come il mutuo) posso rientrare nel piano.
Inoltre, è possibile non soddisfare integralmente i suddetti crediti, ma ad una sola condizione: deve essere garantito il pagamento in misura non inferiore a quello realizzabile in relazione al valore di mercato attribuibile ai beni (art. 7 c. 1 legge 3/2012).La proposizione del piano del consumatore o dell'accordo di composizione della crisi può comportare la sospensione delle procedure esecutive pendenti qualora la loro prosecuzione comprometta la fattibilità del piano (art. 12 bis c. 2 legge 3/2012).
In altre parole, la proposta di accordo può determinare la momentanea sospensione del procedimento esecutivo.

Accordo transattivo

Nel caso in cui non siano percorribili le strade indicate, è buona regola cercare un accordo transattivo con il creditore. Trattandosi di istituti di credito, occorre agire tempestivamente, in quanto le banche spesso hanno tempistiche piuttosto lunghe per valutare se accettare o rigettare le proposte avanzate.

Cos'è l'istanza di conversione del pignoramento

La legge consente al debitore esecutato di proporre l'istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione.
In buona sostanza, il debitore può sostituire al bene pignorato una somma di denaro corrispondente all'importo dovuto maggiorato dalle spese di esecuzione e dagli interessi. Al momento di proposizione dell'istanza deve essere deposito 1/5 della somma suindicata.
Il giudice può disporre una rateizzazione per il residuo entro il termine massimo di 18 mesi. Il termine ultimo per richiedere la conversione del pignoramento è l'udienza in cui viene emessa l'ordinanza di vendita.

Istanza di vendita pignoramento immobiliare

Se non si raggiunge un accordo transattivo o non è possibile convertire il pignoramento o non vi sono i requisiti per accedere al meccanismo di composizione della crisi da sovraindebitamento, la procedura esecutiva prosegue il proprio corso.
Dopo la notifica del pignoramento, il creditore provvederà all'iscrizione a ruolo ed al deposito della documentazione necessaria. Più l'iter prosegue più aumentano le spese che verranno poste a carico del debitore.
Ad esempio, raggiungere un accordo prima della nomina e del giuramento del perito comporta un risparmio significativo, atteso che il compenso di quest'ultimo può giungere sino al 3% del valore dell'immobile pignorato.
Lo stesso dicasi per le spese di pubblicità che aumentano per ogni udienza di vendita fissata.
Senza contare gli onorari dei legali e la remunerazione del custode (qualora il debitore non sia stato autorizzato a continuare a vivere nell'abitazione).
La procedura può essere “fermata” solo sino a 20 giorni prima della vendita: dopo l'immobile verrà venduto.