venerdì 14 dicembre 2018

la plusvalenza negli atti notarili

E’ credenza comune che le tasse e le imposte conseguenti a un trasferimento immobiliare ricadano solo sull’acquirente, come quelle relative all’imposta di registro, catastale e ipotecaria. Vi è però un caso importante nel quale invece è il venditore a produrre un reddito tassabile a seguito della sua alienazione, questo accade quando si genera una plusvalenza.
Le plusvalenze immobiliari, ai sensi dell’art. 67 del D.p.R. 917/1986, cd. “TUIR”, rappresentano uno dei possibili redditi diversi tassabili per le persone fisiche. Vengono considerate tali ogniqualvolta non siano riconducibili a redditi di capitale o non siano conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa. Per generare una plusvalenza è sufficiente vendere un immobile ad un prezzo superiore a quello d’acquisto. L’aumento di valore generato dall’operazione rappresenta la cd. plusvalenza tassabile.

I casi di plusvalenza

Se in passato i casi di plusvalenza erano connessi all’accertamento di un interesse speculativo presunto, oggi sono tassativi e si trovano elencati nel già citato articolo 67. Tra le ipotesi più importanti e di rilievo per l’attività notarile vi sono quelle realizzate mediante cessione a terzi a titolo oneroso di:
  1. terreni agricoli acquistati da non più di cinque anni;
  2. fabbricati acquistati o costruiti da non più di cinque anni;
  3. terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria (ovvero quelli così considerati dal Piano Regolatore del Comune, pur se non approvato dalla Regione);
  4. terreni lottizzati (intendendosi quelli per i quali il Comune abbia approvato il piano di lottizzazione e sia stata stipulata la relativa convenzione).
Mentre nelle prime due ipotesi, la plusvalenza è tassata solo in caso di alienazione infra-quinquennale, nelle ultime due è sempre tassata, anche in caso di alienazione dopo i cinque anni dal precedente acquisto.

Eccezioni alla plusvalenza

Il legislatore prevede però alcune importanti eccezioni, stabilendo che non tutte le alienazioni a titolo oneroso siano rilevanti ai fini della determinazione della plusvalenza. In quali casi?
  1. Fabbricati e terreni agricoli acquistati per successione (cfr. art. 67 lett. b);
  2. Fabbricati alienati entro i cinque anni ma che per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e alienazione siano stati adibiti ad abitazione principale del titolare o dei suoi familiari (cfr. art. 67 lett. b);
  3. Assegnazione di beni tra coniugi in sede di separazione e divorzio stante l’esenzione da imposizione di cui all’art. 19 della legge n. 74/1989.
A queste ipotesi di esclusione ex lege, vanno ad aggiungersi altre ipotesi di esclusione individuate dalla prassi e dalla giurisprudenza e, in particolare, quella relativa ai beni acquistati per usucapione. Secondo la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 78/2003, in caso di rivendita di tali beni risulterebbe impossibile determinare un termine iniziale da cui far decorrere il quinquennio ed anche ove ciò sia possibile, la decorrenza dei termini dell’usucapione risulterebbe di per sé incompatibile con l’intento speculativo sanzionato dalla tassazione della plusvalenza.

Come calcolare la plusvalenza?

Nel caso di rivendita di fabbricati e terreni agricoli entro i cinque anni, la plusvalenza sarà determinata dalla differenza tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del fabbricato ceduto, aumentato di ogni altro costo relativo allo stesso (come, ad esempio, il pagamento dell’onorario notarile per l’atto d’acquisto) purché regolarmente documentati.
Nel caso di alienazione di terreni edificabili o lottizzati, viene in rilievo quanto disposto dall’art. 68, 2° comma TUIR, secondo il quale il calcolo della plusvalenza tiene conto della differenza tra il prezzo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto, con questo intendendosi:
Per i terreni lottizzati:
  • se acquistati a titolo oneroso oltre i cinque anni dalla data di lottizzazione, si fa riferimento al valore normale del terreno al quinto anno anteriore (cfr. art. 68 co. 2 TUIR);
  • se acquistati a titolo oneroso entro i cinque anni dalla data di lottizzazione, si guarda al prezzo d’acquisto;
  • se acquistati a titolo gratuito, il costo si determina tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione.
Per i terreni non lottizzati, quindi anche per quelli edificabili:
  • se acquistati a titolo oneroso, si fa riferimento al prezzo d’acquisto aumentato di ogni costo connesso e rivalutato secondo gli indici ISTAT;
  •  se acquistati a titolo gratuito, il costo di acquisto sarà quello indicato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione;

Come si paga la plusvalenza?

In tutti i casi sopra evidenziati la plusvalenza verrà tassata nell’ambito della dichiarazione dei redditi, secondo le aliquote ordinarie IRPEF stabilite in funzione del reddito complessivo del venditore (si consideri che l’aliquota più bassa è attualmente fissata al 23%), salvo quanto si dirà ora.
Una prima eccezione riguarda la plusvalenza nella cessione di terreni (siano essi agricoli o  edificabili) dove il costo fiscalmente riconosciuto così come sopra individuato nei vari casi può essere sostituito dalla rivalutazione effettuata da un perito, purché il venditore che richieda tale rideterminazione del costo paghi un’imposta sostitutiva pari all’8% del valore periziato (la legge finanziaria del 2018 ha previsto la possibilità di pagare l’imposta sostitutiva in un’unica soluzione oppure in 3 tranches). Il valore così rideterminato costituisce il valore normale minimo ai fini del calcolo delle imposte e, quindi, anche della plusvalenza (normalmente il valore periziato sarà superiore a quello d’acquisto così riducendo l’importo della plusvalenza prodotta). Occorre precisare che ove si intenda cedere il terreno ad un prezzo inferiore rispetto al valore rivalutato, il venditore sarà soggetto all’imposizione della plusvalenza secondo le regole ordinarie, decurtando quanto pagato a titolo di imposta sostitutiva.

Il notaio nella plusvalenza

Una seconda e rilevante eccezione è quella introdotta dall’art. 1, comma 476 della l. 266/2005 (cd. legge finanziaria). In particolare, questa trova applicazione nel caso di plusvalenza generata dalla alienazione di beni immobili (fabbricati o terreni agricoli) acquistati o costruiti da non più di cinque anni. Ma di cosa si tratta?
Al momento dell’atto di alienazione, il venditore ha la facoltà di richiedere al notaio rogante l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota al 20% invece che  pagarla in sede di dichiarazione dei redditi secondo le aliquote ordinarie. Occorre quindi che il venditore dichiari espressamente di voler esercitare tale opzione a seguito della quale, l’imposta verrà incassata direttamente dal notaio e immediatamente versata al fisco in via telematica. Il Notaio non ha alcun potere in ordine alla determinazione e alla verifica della base imponibile, la quale dovrà risultare dalla dichiarazione fornita dal venditore stesso. Esercitata tale opzione, al Notaio non spetta altro che ricevere dal venditore la provvista e inserire nell’atto la dichiarazione del venditore,  relativa al pagamento dell’imposta, e provvedervi direttamente.

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